Dal 1977, al numero 411 del Corso San Giovanni c’è un vecchio palazzo. Entrate, attraversate il cortile e vi affaccerete in un locale spazioso. Qui c’è una sorpresa per voi: sulla parte sinistra vi sono delle fornaci accese, rumorose, assordanti. Dalle bocche simili a crateri verticali, appare una massa infuocata color rame. Una ventina di giovanotti si agitano tutti intorno; sembrano Titani. Così devono essere apparsi all’Îmmaginazione dei Graci i Ciclopi quando
forgiavano le armi per i guerrieri nelle officine di Vulcano nelle viscere dell’Etna.
Ma qui per foruna non si fabbricano armi. Voi li vedete questi ragazzi: hanno una lunga canna sottile di metallo. L’affondano nella massa incandescente e poi la ritraggono.
All’estremità vedete apparire il vetro liquido. E’ una pasta vischiosa, ardente. Un giovane ricomincia a soffiare, anzi meglio, ad alitare. Ti accorgi che la massa infuocata prende a palpitare ed a pulsare come il cuore di un essere vivente: si contorce, si allunga, si rigonfia. Il giovane continua a soffiare,
anzi ad alitare: le sue dita si muovono nervosamente sulla canna con la velocità delle dita di un violinista che suona Paganini e la dolcezza di un pianista: lo rivoltano, lo sollevano, gli imprimono impulsi, a volte rapidi, a volte quasi impercettibili, ma pur sempre delicati, quasi accarezzati. La massa infuocata ubbidisce docilmente; ora comincia a raffreddarsi. Avevo seguito i movimenti del giovane vetraio; egli soffiava lentamente e sembrava volesse trasferire a quella massa la sua anima. La fatica era enorme, ma ora pareva sodisfatto:
Aveva creato una nuova Vita. In pochi istanti ho assistito al miracolo del passaggio dall’inerzia alla vita: l’uomo ha vinto l’istinto della materia.
Badate!! Non siamo a Murano nè in Francia nè in Bohemia. Questo miracolo si compie qui a Napoli, al Corso San Giovanni al numero 411 che, per fatale ironico accattivante destino si chiama “ Vetreria Coppola”. Se non mi credete potete andarci di persona a sincerarvi. Non vi costa nulla!